Il mercante in noi, e il sorgere della gratuità

Gv 2,13-17
13 La Pasqua dei Giudei era vicina e Gesù salì a Gerusalemme. 14 Trovò nel tempio quelli che vendevano buoi, pecore, colombi, e i cambiavalute seduti. 15 Fatta una sferza di cordicelle, scacciò tutti fuori dal tempio, pecore e buoi; sparpagliò il denaro dei cambiavalute, rovesciò le tavole, 

16 e a quelli che vendevano i colombi disse: «Portate via di qui queste cose; smettete di fare della casa del Padre mio una casa di mercato». 17 E i suoi discepoli si ricordarono che sta scritto:
«Lo zelo per la tua casa mi consuma».

Paralleli: Mr 11:15-18, 27-33; 14:57-58; 15:29; Mt 12:38-40; Lu 19:45-46

Smettete di fare della casa del Padre mio una casa di mercato
Qual’è la casa del Padre?
Il tempio, la religione degli ebrei? Le Chiese dei cristiani? Il mondo dei popoli e degli individui ridotti a merce?

Se ascolto queste parole, esse mi indicano l’abisso della disposizione umana, non mi parlano tanto di ciò che appare, ma di ciò che è nell’animo nostro e che genera ciò che appare.

Troppo spesso la nostra intenzione non è libera dall’interesse personale, è condizionata dai bisogni, dai desideri, dalla necessità di essere gratificati: le relazioni sono, spesso, una patetica danza tra esseri che hanno necessità reciproca di dirsi d’esistere e di riconoscersi esistenti, confermandosi.

Pare che solo l’altro mi possa riconoscere come colui che esiste..

La persona frammentata, ha bisogno che l’altro le conferisca una visione unitaria di sé, o, perlomeno, che le fornisca una serie di frammenti tali da poterli poi assemblare per dirsi: esisto e sono questo.

La persona che conosce l’unità interiore, trova la radice esistenziale del suo esistere in sé: è il Dio-in-sé che la giustifica, che la costituisce; non ha sostanziale bisogno di altro, a parte i piccoli ricami che una identità residua può sempre imbastire.

Il primo “mercato”, la logica mercantile archetipa, è iscritta nel programma che ci vincola al divenire, al duale: il fondamento del divenire, del progredire, è il guadagno.
Tutto ciò che opero produce trasformazione, miglioramento, o regressione e caduta: comunque delle conseguenze, una catena karmica.

Un pensiero prigioniero di questa logica, sottolineo prigioniero, vedrà tutta la vita che genera divenire mercato.
Un pensiero che conosce il duale e le sue regole, sa muoversi tenendo conto di esse e, nel contempo, affrancarsene.

“Mercato” e “gratuità”.
La gratuità non è figlia dell’umano, come non lo è il mercato: quest’ultimo è parte del software di base, la prima è il seme che germoglia dal cuore di Dio che pulsa nell’umano.

Quando l’umano è pronto, il suo cuore trabocca dell’amore di Dio: lì il seme della gratuità diviene pianticella, albero, moltitudine di seme che si sparge ovunque.

Il figlio del falegname, nell’intimo suo ha conosciuto quella sovrabbondanza e sa che essa ora diviene carezza, ora sferza: egli sa che non è la sua volontà umana che genera la carezza, o la sferza, è il Dio-Amore che lo costituisce che fa sorgere il necessario esistenziale a ciascuno.

Ecco allora che il compito di ciascuno di noi è quello di vedere l’operare del mercante nel proprio intimo, capaci di riconoscerlo come una applicazione del software di base, e di disconnetterlo appoggiando la consapevolezza sul non condizionato in noi, sulla radice divina che ci informa.

Ciascuno vivrà tra Essere e divenire come potrà, tra gratuità e mercato come gli sarà dato, fatto dopo fatto: determinante è la capacità di vedere il programma del mercante che si avvia, di vedere la processione dei fatti che sequenzia, e di interrompere quel sequenziamento focalizzandoci sul singolo fatto, lasciando andare l’identificazione con il processo.
Nel sorgere del singolo fatto, esistente in quanto fatto, il mercante sarà scomparso e la gratuità opererà.


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21 commenti su “Il mercante in noi, e il sorgere della gratuità”

  1. “La persona che conosce l’unità interiore, trova la radice esistenziale del suo esistere in sé: è il Dio-in-sé che la giustifica, che la costituisce; non ha sostanziale bisogno di altro, a parte i piccoli ricami che una identità residua può sempre imbastire”. Da ego ad Amore:
    così, qui ed ora, già e non ancora.

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  2. Se ho capito, l’essere mercanti è necessario per attivare la comprensione, quindi in quanto tale generato dall’Amore dell’Assoluto. Un po’ come la mela data ad Eva, affinché la dicotomia che ne è conseguita, potesse avviare i processi di conoscenza, consapevolezza e comprensione?

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  3. “Quando l’umano è pronto, il suo cuore trabocca dell’amore di Dio: lì il seme della gratuità diviene pianticella, albero, moltitudine di seme che si sparge ovunque.

    Il figlio del falegname, nell’intimo suo ha conosciuto quella sovrabbondanza e sa che essa ora diviene carezza, ora sferza:”

    Tutto è quel che è,
    non c’è gentilezza ne insolenza.

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  4. Continuamente la logica del mercante si avvia e sempre la vedo. Pensavo, prima di conoscere il Sentiero, che fosse retaggio delle attività da commerciante che svolgevo. Oggi con questo post, rifletto sul fatto che si, questa influenza lavorativa c’è stata, ma si è trattato di condizione necessaria, per aiutarmi a scorgere meglio questo meccanismo e fare fluire la reale intenzione.

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  5. Letto, capito in parte, punti da chiarire: ” mercato è gratuita. La gratuità non è figlia dell’ umano, come non lo è il mercato: quest’ultimo è parte del software di base (?) Il primo è il seme che germoglia dal cuore di Dio che pulsa nel umano.”

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  6. Non capisco “il primo mercato è iscritto al programma che ci vincola al divenire, è il software di base. L’essere mercanti, non fa parte delle esperienze di comprensione come essere ladri, assassini, bugiardi ed altro ancora? attraverso le comprensioni acquisite dal mercanteggiare nasce la gratuità che è sempre stata in noi, perchè questa sì software di base, in quanto imprinting dell’Assoluto.

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  7. Questo post mi parla con una forza tale…tratta i temi di questi miei giorni…grazie Robi per la chiarezza e la luce che portano queste parole nel mio andare e nel risiedere

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  8. Giusto in questi giorni sto facendo i conti con una questione al lavoro che mette in gioco anche questi aspetti ed il mercante, sollecitato e preoccupato, si insinua in ogni prospettiva.
    Ovviamente, essendo il lavoro collegato al danaro ed anche, ad esempio, alla responsabilità verso i collaboratori, l’espressione della gratuita, almeno sul piano materiale, non può essere totalmente libera di esprimersi ( come spesso dico ‘il mio animo è filantropico ma purtroppo il mio portafoglio non se lo può permettere…) per cui osservo la danza tra i due poli e cerco una via che possa creare equilibrio.
    È già successo in passato che frizioni di questo genere siano sfociate in soluzioni inattese che salvano ” capra, cavoli, tempio, denari ed amore ”, come dire; a volte il processo apparentemente conflittuale tra due polarità, se osservato e vissuto col giusto grado di identificazione, può favorire piccole comprensioni.

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  9. Il bisogno di riconoscimento nelle relazioni è un tema ricorrente sul quale continuo ad osservarmi cercando di fare tesoro delle esperienze. Osservazione che è alla base della disconnessione, anche se mi pare ci sia ancora una distanza da coprire tra l’osservazione e il focalizzarsi sul singolo fatto, un po’ come dire che dall’osservazione che parla tanto di mentale si debba arrivare con un passettino in avanti ad un focalizzarsi che si avvicina più al sentire.

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