Divenire ed essere, operare e contemplare

[…] la vastità è pervasività del già preformato. Ed è proprio con questa visione della realtà che si scontra l’uomo che percorre quella via cosiddetta evolutiva (la via del migliorarsi e trasformarsi, ndr), perché non è abituato a mettere in discussione la sua voglia ed il suo sforzo tesi verso la costruzione di un obiettivo di crescita comune, di aiuto all’altro e di miglioramento di ciò che lo circonda, che però parlano principalmente di lui in un mondo “per lui”.
E quando sente questo suo assunto venir messo in crisi da una visione dell’esistenza in cui ciascun essere è inserito in una rete di incontri che è solo da riconoscere, quell’uomo ha difficoltà a decostruire ciò che ha edificato sulla vita e perciò a togliere via quei veli – i suoi concetti – che nascondono che tutto è già. (1)

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Il fare nell’accadere, agire nel non-agire, essere specchio (94)

La naturalità del pensiero porta l’uomo ad agire guidato da ciò che accade nel quotidiano; il pensiero ne viene catturato e l’uomo scopre che mai nulla riguarda colui che osserva. Quindi lui tende a dimenticarsi di sé ed a vivere in sintonia con ciò che accade, perché il pensiero è assorbito lì e l’emozione esprime accoglienza, mentre l’azione è non-azione – è stare in – perché muore il bisogno di agire per un fine.
Tutto questo accade perché l’uomo viene colto: in lui muore ogni finalità e ciò che c’è è il nuovo motore che determina l’agire. Perché colui che vive uno stato di non-mente vive ed agisce in aderenza con la radice profonda dell’esistenza.

Agire nel non agire: la profondità del presente

[…] Vivere è essere in relazione con ciò che vi circonda, scoprendone una profondità che va al di là della superficie su cui ancora vi attestate.
È un mondo che esiste, ma che voi potete intravedere soltanto attraverso fugaci flash che vi fanno intuire che c’è altro che non è possibile trattenere, e far proprio, perché è irriducibile ad ogni pretesa.
Lo stato interiore di cui parla la via della Conoscenza porta l’uomo a permanere in una immobilità interiore, pur continuando a vivere i suoi tre elementi costitutivi, che sono pensiero, emozione e capacità di azione. In colui che vive questo stato interiore il punto d’osservazione rimane fisso, mentre voi umani siete continuamente sballottati dal modo con cui la vostra mente reagisce ad ogni sollecitazione della vita.

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Tutto perde importanza

Da dove deriva l’importanza che diamo ai fatti, agli stati, ai processi?
Da due fattori almeno:
– dalla spinta della coscienza ad imparare;
– dall’identità che ne trae sostanza d’esistere.
Viene una stagione in cui entrambe queste spinte si attenuano fino a scomparire.
Nella persona si afferma uno stato fondato sul non agire, sullo stare: uno stato contemplativo.

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