I giorni del dolore, del simbolo che porta, della possibilità che apre

Scrivo ad un fratello nel cammino e alla sua famiglia, nel mentre attraversano una seria difficoltà; forse queste parole avranno senso anche per altri a cui la vita riserva la sfida del dolore.
La vita, fino ad oggi, mi ha risparmiato quello che state attraversando: quando un figlio è minacciato nella sua possibilità, nel suo diritto ad un futuro così come ci sembrava gli spettasse, un genitore si sente perduto, scaraventato nell’assurdo del non senso e dell’ingiusto.
Il dolore è difficile da reggere, la mente è in preda all’angoscia e disegna scenari di cui nulla può sapere, ma che appoggiano su ciò che la scienza dice, su ciò che in passato è accaduto ad altri.

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Ti interroghi sulla tua compassione

All’alba di una domenica d’agosto, cammini su di un tappeto di foglie secche abbandonate da alberi che non hanno più la forza di trattenerle, stremati da una sete che non perdona e non si placa.
Sorge in te una ribellione profonda per il Demente che di questa sofferenza della natura porta la responsabilità, e ti interroghi sulla compassione di cui tanto spesso parli, sulla tua compassione.
Si, tu compatisci il Demente e, nonostante il danno che esso provoca devasti il mondo, non riesci a puntare il dito, ma un dolore profondo ti invade e una distanza si aggiunge, una lontananza dovuta ad una estraneità: estraneo nei modi, nel sentire, nella capacità di rispondere alle responsabilità.

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Il dolore, la sua ragione, la funzione della preghiera

Già la coscienza umana – che pure è relativa – è unitaria. Ogni momento del sentire che origina gli esseri, è presente nella coscienza assoluta identicamente a come gli esseri lo sentono. Non potrebbe essere diversamente da così, dato che il sentire che origina gli esseri è lo stesso sentire contenuto nella coscienza assoluta.
Non è uno identico, è lo stesso.
Se tale sentire non esistesse nella coscienza as­soluta non esisterebbero né gli esseri, né la coscienza assolu­ta.

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