Incontro a se stessi: la meditazione per i bambini

La ragione per cui è necessaria la pratica della meditazione per i bambini è la stessa per cui è necessaria per gli adulti.
I modi del meditare saranno, di necessità, diversi ma le motivazioni di fondo sono le stesse. Scopo della meditazione non è, come qualcuno intende, migliorare la propria concentrazione, la propria forza di volontà, la propria resistenza allo stress per raggiungere migliori prestazioni personali e sociali, ma trovare uno spazio interiore che ci faccia contattare noi stessi al di là del “fare” frenetico, dell’agitarsi esteriore, del rumore di fondo che pervade la nostra mente. Meditare permette di contattare il proprio Sé spirituale, educa al silenzio, all’ascolto interiore, allo sviluppo della consapevolezza.
Quando ci troviamo, quando compiamo l’atto del conoscere noi stessi, siamo individui centrati, capaci di accettare l’accadere della vita senza emettere giudizi, di stare in quello che la vita ci manda senza esserne travolti: osserviamo le nostre emozioni ma non ci identifichiamo con esse, osserviamo il nostro dolore ma non ci lasciamo sopraffare da esso, viviamo la nostra gioia ma non siamo totalmente immersi in essa, conosciamo il chiacchiericcio della nostra mente e ne smascheriamo i meccanismi.
Oltre la mente ci è dato sperimentare una dimensione dell’esistere più vasta, libera, fluida. Oltre l’identificazione con noi stessi, oltre l’illusione di credersi il centro del mondo, oltre e ancora oltre, fiorisce il nostro essere autentico che non narra di un “io” ma vive la realtà perché è la Realtà. Un educatore che abbia anche solo un tanto aperto gli occhi sulla vita, sa quanto poco basta a se stesso e quanto la ricerca di senso abbia bisogno di una trascendenza da sé per trovare appagamento.
Si capisce allora perché è necessario, a livello educativo, avvicinare i bambini alla pratica della meditazione, soprattutto i bambini del nostro tempo che vivono una realtà frammentata e dispersiva, alienati da se stessi.
Poiché ogni apprendimento è più facile se lo si acquisisce in giovane età, è auspicabile insegnare la pratica della meditazione fin da piccoli; quando il bambino è pronto per gli apprendimenti scolastici, lo è anche per acquisire la modalità della meditazione.
Osho sostiene che bisognerebbe istruire ogni bambino a questa pratica; bisognerebbe portarlo a sperimentare come restare calmo, sereno, silenzioso, come raggiungere lo stato di non-mente. E’ necessario, egli sostiene, che la pratica della meditazione venga insegnata al bambino per aprire in lui il percorso della forza vitale, prima che questa venga impegnata da forze più istintuali, come quella preponderante della sessualità. Una volta che nell’individuo la forza vitale viene occupata dall’istinto sessuale, risulterà più difficile il percorso verso la via spirituale (1). Con questo non si sostiene che sesso e meditazione siano in contrapposizione, ma semplicemente che, essendo la mente fatta del suo contenuto, più un contenuto si radica attraverso la frequentazione, più pervade l’essere di una persona.
Quali sono le forme della meditazione per bambini?
La meditazione col corpo usando le tecniche della respirazione, del rilassamento, del modellaggio dell’argilla.
La meditazione attraverso la presa di contatto con le emozioni con l’ausilio di un brano musicale, di un testo poetico, della pittura.
La meditazione che calma la mente attraverso la coloritura di mandala.
La sostanza dell’atto meditativo, nel bambino come nell’adulto, è costituita dal gesto dell’abbandonare: ogni pensiero, ogni emozione, ogni sensazione, prima vissuti consapevolmente sono poi abbandonati. Non si seguono i pensieri, né le emozioni, né le sensazioni, ma si porta la propria consapevolezza su ciò che si sta vivendo nel presente: sul corpo, sull’argilla, sul mandala.
Naturalmente la nostra mente si distrae in continuazione, ma questo è normale e non è rilevante: ciò che invece è importante è che noi torniamo, incessantemente, al presente. Quel tornare è l’atto puro del meditare, dell’abbandonare, del lasciare che la vita si manifesti così com’è.
Cosa possono fare la famiglia e la scuola a questo proposito?
In famiglia bisognerebbe riuscire a creare momenti di pausa e di silenzio. Ogni momento della giornata dovrebbe avere il suo valore in quanto tale senza che niente si sovrapponga ad esso. Quando il bambino gioca, gioca e basta, quando studia, studia e basta, quando guarda la televisione fa quello e basta.
I genitori dovrebbero poi trovare il tempo di portare i bambini all’aperto a contatto con i boschi, gli spazi verdi, l’acqua, dove è più facile ascoltare le voci della natura, percepire la sensazione d’infinito, essere portati naturalmente a tacere. Essi stessi inoltre dovrebbero coltivare queste esperienze per essere di esempio ai propri figli e per trasmettere loro, consciamente o inconsciamente, il proprio sentire. Sarebbe poi estremamente importante che essi prendessero l’abitudine di regalarsi del tempo di stasi, di meditazione, di contemplazione, in uno spazio personale della casa, e così abituarsi a stare da soli.
Anche se inizialmente i figli potrebbero non capire e rifiutare questi comportamenti perché ritenuti troppo diversi da quelli abituali osservati in altre famiglie, in effetti, come ci hanno insegnato Piaget e Steiner, nulla va perduto e da adolescenti e da adulti ciò che si è interiorizzato ritorna.
La famiglia è quindi il primo luogo dove il bambino dovrebbe entrare in contatto con le modalità della meditazione.
La scuola, allo stesso modo, può e dovrebbe favorire attività che aiutino il bambino a cogliere il silenzio interiore.
Contattare il proprio sé corporeo attraverso il rilassamento è un aspetto della meditazione; il rilassamento porta all’allontanamento delle tensioni dal corpo, calma la mente, porta il bambino a prendere coscienza di essere corpo: egli percepisce il proprio corpo nella stasi, lo sente nelle sue parti e nella sua totalità sotto forma di pesantezza. Sebbene infatti tutte le nostre azioni le attuiamo col corpo, non abbiamo coscienza di esso se non quando ci manda segni inequivocabili di stanchezza o malessere. Il rilassamento corporeo permette al bambino, inoltre, di sperimentare la calma della mente, l’assenza di pensieri; egli pertanto inizia a prendere coscienza del proprio sé mentale, dei suoi contenuti, i pensieri, e di come gestirli e lasciarli fluire.
La meditazione che coinvolge il corpo porta anche a prendere coscienza che le nostre funzioni vitali sono regolate da due fondamentali ritmi: quello del battito cardiaco e quello della respirazione. In particolare, seguendo il ritmo della respirazione, il bambino si calma, si rilassa; esiste solo l’atto del respirare: inspirazione, pausa, espirazione, pausa in un processo circolare. La mente tace e subentra il silenzio. Il respiro è stato definito il mantra più profondo che sia stato inventato e dai padri della chiesa e dai mistici la preghiera era considerata il respiro dell’anima(2).
I ritmi del proprio corpo portano il bambino a prendere coscienza che tutta la vita, nostra e dell’Universo, è regolata da ritmi: quello del sonno e della veglia, del giorno e della notte, dell’alternarsi delle stagioni, della nascita e della morte, del dolore e della gioia…
Meditare colorando un mandala, porta al centro del sé, equilibra e calma la mente; oppure lavorare la creta, in silenzio, senza obiettivi da raggiungere se non il piacere di manipolare, abitua il bambino a stare nel presente, nella cosa che fa in quel momento, senza un prima e senza un dopo. La mente a poco a poco si cheta, i pensieri si indeboliscono e il bambino non li segue, essi non lo strattonano più di qua e di là. Ancora una volta egli acquista consapevolezza che la mente si può trascendere e che la quiete è un’esperienza piacevole a cui desidererà tornare.
Far osservare uno spettacolo naturale, suscitando un atteggiamento di curiosità e meraviglia, è dischiudere il bambino alla parte poetico-creativa che è in lui e quindi al Sé. Egli si apre ad un atteggiamento di fiducia nei confronti della bellezza che lo circonda e in questo modo contatta anche il proprio Sé spirituale che gli trasmette la consapevolezza inconscia di non essere separato da quanto osserva.
Leggere brevi testi poetici, ad esempio gli Haiku giapponesi, molto incisivi per la loro brevità e la vivezza delle immagini che propongono, è insegnare ai bambini a cogliere la bellezza insita in ogni aspetto della natura e della giornata, a considerare importanti le cose piccole.
Coltivare l’orto, anche in vasi, se la scuola non ne possiede uno, aiuta il bambino a stare nella cosa che fa senza usare la mente, senza essere assillato dalla preoccupazione del giudizio dell’adulto per le sue prestazioni intellettive; in quel momento egli semplicemente usa le mani; a poco a poco i pensieri defluiscono e il bambino prova una sensazione di calma e di benessere.
Cosa succede, nel tempo, quando il bambino pratica la meditazione?
Egli assume consapevolezza, cioè coscienza, di quanto lo circonda e di quanto lo riguarda.
Recupera il ritmo naturale della giornata dove si alternano momenti di attività e momenti di sosta. La meditazione introduce una pausa nelle azioni ininterrotte del quotidiano; porta un momento di silenzio e di stasi e il bambino impara a stare in quel silenzio e in quella stasi e ne intuisce la necessità. Col tempo aumenteranno i momenti in cui saprà stare da solo per dedicarsi ad attività che calmano la mente: pittura e coloritura, modellaggio, ritaglio…
Come il corpo ha bisogno del sonno dopo la veglia, così la giornata ha bisogno dei momenti del fare e dei momenti dello stare.

Osho, Dal sesso all’eros cosmico, New Service Corporation, 2000, pagg. 83 e 87

A. Gentili, A. Schnoller, Dio nel silenzio, Ed. Ancora,1996, pag.74

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