Conosci te stesso, secondo il Cerchio Ifior

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Alla base dell’insegnamento etico-morale del Cerchio Ifior sta il concetto del «conosci te stesso»: senza la conoscenza di se stessi non si può arrivare alla consapevolezza di quali che sono i nostri bisogni e i nostri errori e, se non si raggiunge questa consapevolezza non è possibile arrivare a quella comprensione che, sola, può non solo ampliare la nostra evoluzione ma, soprattutto, per chi è incarnato, stemperare il dolore e la sofferenza.
Purtroppo, quando si tratta di affrontare noi stessi, tendiamo a rimandare il farlo trovando mille pretesti e mille priorità «più urgenti» per evitare il più possibile di andare incontro alla nostra realtà. Questo, inevitabilmente, porta al dolore e alla sofferenza e quello che sul momento poteva essere più facilmente comprensibile, a distanza di tempo diventa sempre più difficilmente individuabile perché, nel frattempo, si sono aggiunti nuovi elementi e nuove situazioni.
Per questo motivo le Guide ci dicono che è meglio affrontare se stessi di volta in volta e che risulta più semplice e meno doloroso risolvere un elemento alla volta che trovarsi, successivamente, a dover sciogliere un’interiorità talmente intricata che finirà col costringere a prolungare il nostro ciclo reincarnativo.

Messaggio esemplificativo

Spesso, nei nostri discorsi, parliamo di consapevolezza, di auto conoscenza, di «qui e ora», ovvero di Eterno Presente, ma questi termini – così come li intendiamo noi – non sono facilmente comprensibili come potrebbe apparire ad un esame affrettato e superficiale.
Vediamo, allora, di trovare una serie di idee intorno a questi concetti, magari considerandoli nella stessa prospettiva, con la finalità di avere una visione d’assieme che, anche se parziale, possa fornire spunti di comprensione e di avanzamento lungo la via che porta alla liberazione interiore.
Ricordiamo, però, che il superamento di ciò che noi siamo soliti imputare all’Io – cioè tutti i fattori egoistici e la sensazione di essere una cosa separata e diversa sia dagli altri uomini che da Dio stesso – può avvenire solo grazie alla vostra opera e che noi possiamo soltanto avere, per ognuno di voi, la funzione che ha la mappa stradale per chi cerca la via che porta ad un dato posto.
Senza la comprensione di ciò che si è, senza la consapevolezza di ciò che di solito l’Io crea per nascondere il suo egoismo al fine di accrescere se stesso, l’uomo finisce col trovarsi a vivere in un mondo che non è reale poiché – essendo l’Io una cosa non reale, ma una creazione fittizia – anche i pensieri e le azioni che da esso scaturiscono non sono altro che irrealtà e finzioni, le quali mascherano e si sovrappongono a ciò che veramente si trova nell’intimo umano, nella sua parte più vera.
Ciò che più l’Io usa per continuare a creare una realtà interiore fittizia è la sensazione che l’uomo, all’interno del mondo fisico, ha di essere in divenire, cioè di avere un passato e un futuro facendo in modo, anzi, di renderli spesso così importanti che quello che è veramente importante, e cioè il presente, viene trascurato.
In realtà, al di là dell’illusoria percezione, all’interno del piano fisico, del tempo che scorre, l’uomo è immerso – attimo dopo attimo – sempre nel presente, ed è per questo motivo che noi vi diciamo che non è necessario – e che, anzi, può essere dannoso – attaccarsi al passato o proiettarsi nel futuro ma che, per conoscere se stessi e quindi migliorare, basta conoscersi nel presente, nel «qui e ora».
Affrontare il presente non è facile, perché vi sono meno possibilità di sfuggire alla propria realtà interiore ed è – anche a causa dell’opposizione dell’Io – in se stesso doloroso; ma deve essere esaminato ed accettato così com’è: non rassegnandosi ad esso con la speranza di un domani migliore, né cercando di negarlo e di giustificarlo in base ad azioni ed eventi passati, ma cercandone la causa interiore che lo fa essere così com’è.
Se, ad esempio, qualcuno stesse soffrendo un disagio economico, sarebbe inutile che egli maledicesse gli avvenimenti che gli hanno impedito di ottenere una maggiore agiatezza; così come sarebbe inutile che, con rassegnazione, chiudesse gli occhi per scordare il presente, con l’intenzione di aprirli solo allorché la situazione, un domani, fosse migliorata. Molto meglio sarebbe, invece, che egli guardasse bene nel presente non tanto il fatto del suo disagio economico, quanto la sofferenza che esso gli muove nel qui e ora. Se lo facesse attentamente, si accorgerebbe che la sua sofferenza è in gran parte ingiustificata poiché, in realtà, ciò che soffre è il suo Io, il quale si sente sminuito, si sente a disagio in rapporto agli altri esseri che lo circondano e che hanno più di lui.
Certo, il concetto di Eterno Presente è di difficile assimilazione perché contrasta con ciò che i vostri sensi sembrano percepire e – in realtà – esso va applicato da quella parte di voi stessi che non avete ancora raggiunto e che sta, inconsapevole per ora, al di là dell’Io e della sua manifestazione nel mondo fisico.
Il fine a cui tende il nostro parlare di «qui e ora», di Eterno Presente, è proprio quello di stimolarvi la consapevolezza, di aiutarvi a raggiungere quella parte inconsapevole di voi che sta al di là dell’Io, affinché riusciate a risvegliarla.
Essere consapevoli non vuol dire mettersi nei panni dell’Io ad auto analizzarsi, bensì porsi al di là dell’Io stesso e osservare le sue azioni e le sue reazioni come se egli fosse un’altra persona; vuol dire esaminarvi nel qui e ora cercando di essere consapevoli e di constatare quanto e quando è l’Io che vi spinge ad agire. Non dovete fare l’errore di considerare la consapevolezza un fine ultimo: essa non è altro che un mezzo per arrivare a conseguire il vero fine, che è quello di raggiungere la verità del vostro vero essere interiore. Spesso viene commesso l’errore di pensare che conoscere voi stessi significhi essenzialmente riesaminare le azioni che avete fatto e che vi hanno fatto soffrire o gioire, trovandone non la motivazione vera – che risiede nel vostro Io – ma le cause esterne che, invece, hanno avuto il solo compito di innescare in voi la reazione interiore del dolore o della gioia.
Non è così: conoscere voi stessi significa essere consapevoli che il dolore e la gioia non sono la causa o l’effetto di un’azione esterna, ma sono reazioni che ha l’Io a questa causa esterna; vuol dire, cioè, mettere a fuoco e riconoscere una parte di quest’Io prepotente. Infatti è solo a questo modo – rivelandone e riconoscendone le azioni, che potete impedirgli di soffocare la parte migliore e più vera di voi stessi.
Così, in realtà, non riveste grande importanza scoprire quanto un’azione sia stata buona o cattiva nei suoi effetti, ma ciò che importa è scoprirne la causa interiore, poiché scoprirla e riconoscerla significa trascendere i limiti che l’Io pone in continuazione all’allargamento della vostra coscienza.
Per fare un esempio pratico, sarebbe inutile che un pittore notasse solo che i colori, su alcune delle sue tele, hanno dei punti in cui vi sono delle macchie che egli non intendeva porre, e non si rendesse conto, invece, che ciò deriva dal fatto che non pulisce a dovere i pennelli che usa; in questo modo, infatti, ogni tela potrebbe essere bella o rovinata al di là della sua intenzione.
Per una buona riuscita in questo intento, l’attributo fondamentale è la sincerità con voi stessi, difficile da rendere costante ma assolutamente necessaria, per sfuggire alle trappole più o meno sottili che l’Io pone sul vostro cammino col fine di mettervi fuori strada, offrendovi scuse allettanti e maschere che è facile indossare ma che, poi, è molto difficile riuscire a togliere. Fortunatamente non siete abbandonati a voi stessi, ma l’esistenza vi offre un prezioso alleato che non vi tradisce, né vi abbandona mai: l’esperienza di tutti i giorni, la quale – in continuazione – vi offre molte possibilità di conoscervi mettendovi – spesso anche a viva forza – davanti alle vostre verità interiori, grazie alle situazioni con le quali cerca di far reagire il vostro Io. È proprio dall’esame di queste reazioni alle varie situazioni che il vostro Io si trova a dover affrontare, che potete risvegliare in voi stessi la consapevolezza e che potete riuscire a non mentire a voi stessi.
Accade anche spesso che voi cerchiate di esaminarvi e giungiate a delle conclusioni che, ad un’occasione successiva, si rivelano sbagliate. Ebbene, non demoralizzatevi per questo e siate certi che, prima o poi e poco per volta, riuscirete a superare anche gli ostacoli più duri.
Potreste chiedervi come essere sicuri che le conclusioni raggiunte siano esatte e non illusorie: un’ulteriore trappola che l’Io ha subdolamente messo per voi e in voi, e nella quale – ignari – siete caduti. Vi è un solo modo per esserne sicuri: l’esperienza. Infatti, allorché, sotto la stessa esperienza non reagirete più allo stesso modo errato, sarete sicuri che avete acquisito la consapevolezza di ciò che sentivate nei confronti di quegli stimoli e che, in modo automatico, quegli stimoli avranno perso la loro funzione di stimolo per divenire neutri rispetto al vostro intimo, che non reagirà più ad essi in modo sbagliato.
Tutto questo significa capire che in ogni attimo, in ogni «qui e ora», siete diversi da ciò che eravate nell’attimo precedente; tuttavia è necessario cercare di non crearsi l’illusione di essere o di non essere in un dato modo; quante volte avete pensato o creduto con convinzione, per esempio, di non essere possessivi, e quante volte l’esistenza è stata costretta a mettervi di fronte alla vostra possessività non superata, ma nascosta sotto una creazione illusoria e fittizia?
Abbandonarsi all’illusione, figli, vuol dire abbandonarsi ai limiti che l’Io vi impone, vuol dire creare con la vostra stessa inconsapevolezza motivi di sofferenza per voi e per gli altri.
Il primo passo, dunque, è scoprire che l’Io – per non sfigurare – pone dei limiti a seconda delle sue necessità; il secondo passo è quello di riconoscere e svelare questi limiti; il terzo passo non esiste ma consegue automaticamente allorché sono stati fatti i primi due, poiché riconoscere e svelare i limiti posti dall’Io vuol dire averli superati.
Non basta affermare, ad esempio, di sapere di essere possessivi se non sapete quando siete mossi dalla possessività e quanto è essa che vi muove; e la vostra affermazione, in queste condizioni, non resta altro che un’affermazione generica che non vale molto per farvi superare la vostra possessività e correte, anzi, il rischio che divenga una scusa per non indagare oltre, per continuare a non essere del tutto sinceri con voi stessi.
Dicevamo poco fa che ciò che più conta è essere consapevoli di ciò che si è nel presente, nel qui e ora.
“Ma allora – potreste dire – è inutile cercare le motivazioni, in quanto esse appartengono sempre al passato!»
No, non è così: certo il presente – pur essendo massimamente importante – può essere capito solo attraverso l’analisi del passato, ma ciò deve essere fatto non al fine di perdonare il passato, bensì al fine di superare nel presente le limitazioni del passato che – tenetelo bene a mente – non essendo state risolte a loro tempo esistono ancora nel presente e ne fanno parte. È un po’ come leggere l’ultima pagina di un libro: se non vi è la consapevolezza di ciò che l’ha causata, la pagina che rappresenta il presente non può essere letta con piena comprensione, in quanto la consapevolezza può limitarsi, al massimo, a constatare ciò che quella pagina dice, ma si ferma ad un’esperienza limitata che non è comprensiva della maggiore estensione della consapevolezza che dà il conoscere l’intreccio che ha portato a ciò che su quella pagina è scritto. Così, per quanto possa essere ben scritta, istruttiva o toccante, la pagina non può esserlo tanto quanto lo sarebbe se venisse letta sì nel presente, ma con la consapevolezza di ciò che l’ha portata ad essere situata in quel presente.
È dannoso anche rimuginare – come fanno molti – sulle azioni passate, poiché in questo modo il «qui e ora» viene trascurato, con il solo risultato che, se anche venisse superata un’azione passata trovandone la consapevolezza, nel frattempo sarebbe andata perduta la consapevolezza di molte azioni presenti cosicché – mentre veniva superata l’azione remota – contemporaneamente ne venivano accatastate parecchie altre, peggiorando e non migliorando di certo la situazione.
Esaminate invece ciò che fate e ciò che siete mentre lo state vivendo o subito dopo: ciò basta per trovare lo svincolamento dalle finzioni create dal vostro Io, poiché in continuazione e in ogni «qui e ora», vivete esperienze che vi offrono la possibilità di scoprire voi stessi sotto ogni punto di vista.
Superando un vostro limite nel presente, attraverso il presente, superate anche tutte le volte che lo stesso limite, nel passato, aveva costituito per voi un ostacolo.
Non è poi così difficile come può sembrare, figli cari, smascherare ed arrivare a conoscere il vostro Io; l’importante è riuscire a non farsi convincere da lui stesso a non farlo, è riuscire a non farsi convincere da lui stesso a mentirvi ancora. Certo egli, appena può, vi sfugge, oppure trova mille artifici per celarsi; così usa il vostro corpo e la vostra mente per creare distorsioni e diversivi, ma voi cercate di trovare in voi la consapevolezza che non siete il vostro Io e che ciò che egli usa contro di voi per tenervi soggiogati nell’illusione, può essere usato anche da voi per capire lui e, quindi, sconfiggerlo. Moti

Dal volume del , Dall’Uno all’Uno, Volume secondo, parte prima, pag. 84-90, Edizione privata

Indice del Dizionario del Cerchio Ifior

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