Il cambiamento, la volontà, il non-agire

Chiede Caterina: Ma se le cose cambiano in continuazione e il cambiamento avviene anche quando si sta fermi, perché scegliere una cosa piuttosto che un’altra?
La domanda di Caterina viene dalla lettura di questa frase di Lao TzuLa vita è una serie di cambiamenti naturali e spontanei. Non opporvi resistenza – avresti solo dispiaceri. Lascia che la realtà sia realtà. Lascia che le cose fluiscano naturalmente verso la propria direzione.
La frase di Lao Tzu si presta a diverse letture e, quando queste non tengono conto del paradigma entro cui quelle parole sono state generate, la confusione può essere grande.
Uno dei problemi di questo tempo in merito all’uso delle fonti, è che facciamo, a volte, riferimento a frammenti di conoscenza, di sapere, di comprensione senza tenere conto del contesto e dell’impianto complessivo di quel pensiero e di quel pensatore: usiamo, rispetto alla conoscenza delle questioni più profonde, lo stesso atteggiamento che abbiamo rispetto alle merci, prendiamo quel che ci serve. Una fonte è un insieme, estrarne una parte è sicuramente legittimo, ma occorre conoscere il limite dell’operazione che si compie.
Quando facciamo questo rispetto al Tao, o allo zen, le possibilità di equivocare sono alte. Buona norma sarebbe attingere all’interno dei paradigmi conosciuti o, se siamo interessati a determinati concetti e comprensioni di un paradigma che non conosciamo, approcciarci ad esso cercando di conoscerlo almeno nelle sue basi.
Vi faccio un esempio: se voglio conoscere l’insegnamento di Gesù di Nazareth, e non voglio passare attraverso quello che mi dicono le chiese cristiane, ho alcune possibilità:
– attingere al Nuovo Testamento e cercare in quel testo redatto dalle prime comunità cristiane, i segni del passaggio, delle parole, dei gesti, delle comprensioni del Maestro. E’ un lavoro arduo perché l’autentico è seppellito, non di rado, sotto strati di cultura locale, di comprensioni parziali, di finalità pedagogiche degli estensori: i vangeli sono infatti testi funzionali alla catechesi, alla formazione dei nuovi cristiani e non hanno l’intento di raccontare il Maestro come è stato, ma come è stato compreso nei decenni successivi alla sua morte dai suoi discepoli e da coloro che discepoli diretti non sono stati, come Paolo di Tarso.
– A partire da questo bisogno di conoscenza e di comprensione, dopo essermi approcciato ai vangeli, posso provare ad introdurmi nella immensa letteratura specialistica che ha indagato parola per parola dei vangeli, svelando le molteplici letture possibili fino a giungere a ciò che, verosimilmente, il Maestro aveva detto, separando il grano della parola e del gesto autentici, dalla pula di ciò che la tradizione e le non comprensioni vi hanno accumulato sopra.
– Infine, posso fare un’altra operazione, molto più semplice: posso ascoltare cosa mi risuona e cosa no mentre leggo, mentre medito sul testo, mentre lascio che decanti nel mio intimo. E’ un ottimo metodo ma, se non sono passato per i primi due step, mi sottopone a non poche possibilità di fraintendimento, perché magari mi trovo a risuonare non col sentire del Maestro, ma con quello della comunità locale che ha forgiato un certo detto attribuendolo a Gesù, qualcosa che è farina del loro limitato sacco di comprensioni.
Vi faccio un altro esempio, più vicino: se volte comprendermi appieno quando parlo del personale film esistenziale di ciascuno di noi, della sua soggettività ed illusorietà, dell’inesistenza del tempo nell’essere e della sua funzione nel divenire; se volte comprendere la tensione tra essere e divenire, il duplice sguardo, l’approccio simultaneo da due punti di vista alternativi alla realtà del quotidiano, dovreste avere delle basi del paradigma che uso, altrimenti vi limitate a vibrare, nella mente, nel sentire e nell’emozione con ciò che più vi colpisce, ma perdete la portata più profonda e più vasta di quanto vi viene offerto.
Se volete approcciarvi al paradigma che uso nello scrivere questi post, o che è alla base del Sentiero contemplativo, avete un bel compito davanti, perché dovreste avere almeno le basi dei paradigmi che sono serviti a comporre quello del Sentiero: il paradigma del buddismo zen; quello del Cerchio Firenze 77, del Cerchio Ifior, della via della Conoscenza, ed infine il paradigma cristiano.
Se siamo persone che indagano la realtà, la ricerca che ci attende è senza fine ma, d’altra parte, se questo abbiamo scelto, non ci resta molto altro da fare e possiamo procedere con passo lento e costante.
Se siamo invece ricercatori un po’ meno impegnati, allora possiamo anche prendere qualcosa qua e qualcosa là e per noi va certamente bene, e se va bene per noi, va bene per tutti.
Caterina appartiene alla prima categoria, lei è una ruspona.
Adesso, se siete ancora qui, veniamo alla questione.
Lascia che le cose fluiscano naturalmente verso la propria direzione, dice Lao Tzu. Cosa significa? Dove vanno?
1- Lettura duale, secondo il nostro paradigma: tutto conduce alla conoscenza, alla consapevolezza, alla comprensione. Tutta l’acqua va al mare. La vita ordinaria di per sé conduce alla liberazione dal condizionamento attraverso il ciclo del nascere e del morire, perché ogni fatto del quotidiano è espressione della volontà della coscienza che, nel procedere di comprensione in comprensione, realizza l’unità con l’Assoluto.
2- Lettura unitaria, secondo il nostro paradigma: se non cerchi di controllare ciò che accade, allora contempli l’accadere. Gli avvenimenti divengono semplici fatti, i pensieri e le emozioni altro non sono che accadere che sorge e scompare, la vita nel suo insieme non è più percepita nel suo incessante divenire, ma è colta come presente senza tempo.
Quando non ti poni più il problema della vita, allora essa è: questa è la dimensione dell’Essere.
Caterina, il cambiamento al quale noi siamo interessati, è il cambiamento nel sentire: il semplice accadere delle esperienze, consapevole o inconsapevole che sia, produce acquisizione di dati e di atomi di sentire che vanno a costituire la struttura di comprensioni che avvengono senza fine.
Il semplice vivere, in sé, basta.
E allora perché darsi da fare, perché la via interiore se il cambiamento avviene anche stando fermi, ovvero non attivandosi consapevolmente? Perché l’umano cerca la trasformazione con il minor tasso di dolore possibile e la via interiore, o spirituale, fornendoci un modello interpretativo, delle pratiche, una comunità ci permette di transitare tra le comprensioni con il passo leggero, per quanto possibile nel contesto definito dal karma personale.
Perché scegliere una cosa piuttosto che un’altra, chiede Caterina: quello che scegliamo, le varie alternative che abbiamo di fronte, sono quello che ci possiamo permettere di scegliere dato il sentire che abbiamo conseguito.
Non abbiamo la possibilità di scegliere quello che vogliamo, questa è una illusione: le comprensioni conseguite ci apparecchiano la tavola e i cibi che possiamo mangiare sono questo e quello. Sulla tavola non ci sono tutti i cibi che l’umano produce.


Se hai domande sulla vita, o sulla via, qui puoi porle.
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