Ancora su gratuità e responsabilità

In merito al post Gratuità e responsabilità, ho risposto alle questioni poste da Marco nella sezione del sito dedicata alle domande e alle risposte.
Caterina, operare il bene, la gratuità non è mai conseguenza di un’intenzione perfetta: sgomberiamo il campo dalla perfezione, l’umano opera sempre sulla base di spinte complesse e finché c’è incarnazione, c’è un tasso di egoità.
Con il termine egoità non intendo egoismo, ma l’esperienza, ad esempio, del proprio esserci come individuo nel momento in cui la propria esistenza è minacciata.
Aspirare alla pace non credo abbia a che fare con l’egoismo, ma con un programma molto profondo del nostro essere che ci conduce e ci indica la strada dell’unità, che in sé è la fine della ricerca, del conflitto e quindi la realizzazione della pace.
Samuele, certo che se qualcuno affoga, tu ti butti per salvarlo: questo parla di te, di comprensioni inscritte nel tuo sentire che, in quel caso estremo, operano come automatismo.
Tu ed altri, anche non sollecitati così drammaticamente, operate generosamente a favore del vostro prossimo ma, sia nel caso drammatico che nei casi feriali, la vostra azione è innanzitutto interna alla vostra ecologia: parla del vostro compreso e non compreso, è una prova, o una verifica, dello stato dell’arte delle vostre comprensioni.
Il volontario, quando non ha ben guardato in se stesso, dice che lo fa per l’altro, ma le cose non stanno così: è mosso dal desiderio, dall’impulso di operare per l’altro, ma lo fa per portare a compimento un proprio e personale processo interiore.
Un volontario può essere mosso da infinite motivazioni, ne isolo almeno due:
– dalla percezione di un’ingiustizia;
– da una spinta interiore ad operare il bene.
La percezione dell’ingiustizia dipende dal paradigma che usa: secondo il paradigma corrente esistono persone vittime di ingiustizia; secondo il paradigma che usiamo noi, le persone operano all’interno della legge del karma che non produce ingiustizia alcuna e ciascuno si misura con il necessario a sé.
Possiamo dire che quel volontario mosso dal desiderio di superare quella che a lui sembra un’ingiustizia, in realtà attraverso la pratica e l’esperienza ha l’opportunità di scendere più a fondo nei processi suoi e del suo prossimo, e magari di comprendere che quella che chiama ingiustizia in realtà è altro?
La spinta interiore ad operare il bene lo porta a misurarsi con il superamento di sé: con la dichiarazione e il superamento della propria centralità.
E’ moto che da ego lo conduce ad amore e se avverte in modo urgente questa spinta, avrà certamente del comprendere attraverso il processo che essa genera.
Quando io guardo a Madre Teresa di Calcutta, non vedo la santa, vedo la coscienza che si misura che l’andare oltre la propria egoità.
Per tornare a Samuele: di fronte all’affogato, ti tuffi; sarà il tuo gesto a salvarlo? O, se si salva, si sarebbe comunque salvato, anche senza il tuo aiuto?
E se il suo calendario fosse finito, sarebbe comunque morto, nonostante il tuo aiuto?
Allora, il tuo impulso a buttarti parla di te e dei tuoi processi e ben poco ha a che fare con l’altro.
Buttandoti, esplori e magari porti a compimento un tuo processo di comprensione, non salvi nessuno: la possibilità di salvare l’altro c’è solo nel tuo film, non sai come stanno le cose nel film dell’altro, e il tuo film è solo un aspetto soggettivo della realtà, non la realtà.


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3 commenti su “Ancora su gratuità e responsabilità”

  1. Potrebbe anche darsi che il suo (di colui che sta affogando) eventuale non dover morire quel giorno passi proprio tramite il mio improbabile gesto. Che quella scena sia scritta contemporaneamente per me è per lui, a ciascuno secondo quanto necessario a sé. Da qui ricaverei che è bene rispondere alle proprie sollecitazioni, coltivando gratuità e responsabilità certo ma senza sottrarsi alle scene della vita. Che poi se quella scena agisci o non agisci è sempre in relazione al tuo stato dell’arte in materia di comprensioni. Qui si entra però forse nel campo delle speculazioni intellettuali: sterili.

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    • Perfetto! Ma se lui non deve morire, la sua salvezza non dipende da te: se non lo salvi tu, lo salvano altri o si salva da solo.
      Alla fine, caro amico, come vedi, siamo esseri inutili se non per il nostro presunto cammino interiore..

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