La meditazione e lo scomparire

Dice Alessandro commentando il post L’illusione di una mente intossicataLa disconnessione senza indagine del simbolo e delle cause che ci muovono porta alla rimozione ma non alla comprensione e quindi quelle stesse cause vengono ributtate più in profondità, nel buio, dove possono lavorare indisturbate. E’ quello che intendevi?
Si, intendevo proprio questo. Dal nostro punto di vista la meditazione, e con essa la pratica della disconnessione, ha senso se è inserita nel più vasto complesso del conosci te stesso, nel processo del conoscere, divenire consapevoli, comprendere.
Al centro c’è questo processo, non la meditazione, questo deve essere chiaro.
Non è la meditazione in sé che ci cambia, è il vivere che ci cambia: dentro al processo del vivere, la meditazione ha un suo posto, anche importante, ma bisogna stare attenti a non farne un totem.
Tutti cambiano, anche se a volte a noi non sembra, semplicemente vivendo: noi non sappiamo niente del cambiare degli altri, e sappiamo poco del cambiare nostro. Identificati come siamo con i processi nei quali siamo immersi, quasi mai osserviamo da in cima al monte gli altri e noi stessi.
Se lo facessimo, potremmo vedere il senso dei processi e i cambiamenti di varia natura ed entità che coinvolgono ogni vivente.
Non coltivando questa primaria fiducia nella vita come immensa officina esistenziale, e non riuscendo a vedere disidentificati i processi, abbiamo sviluppato pratiche e tecniche di conoscenza e consapevolezza dando loro più importanza di quanta ne abbiano.
Attenzione, non sto dicendo che la meditazione non è importante, ma che lo è nel complesso del vivere.
In alcune interpretazioni, in occidente e in oriente, la meditazione è, ed è stata usata e praticata come mezzo per svelare la natura autentica della persona, postulando che esista una natura autentica, il vero Sè, di una persona.
Dal mio punto di vista non esiste alcuna natura autentica di alcuna persona. Perché?
1- Perché il percepirsi persona è solo il frutto di un processo percettivo e interpretativo non esistendo in sé alcuna persona, ma esistendo solo l’Assoluto che mai è divenuto persona se non nella illusorietà della percezione.
Quella che chiamiamo persona, non è che un grado della consapevolezza/sentire dell’Assoluto colta della dimensione illusoria del divenire, inesistente in quella dell’Essere.
Il percepirsi persona è dunque quanto di più illusorio e, come tutte le illusioni, prima o poi scompare e rimane qualcosa che non è persona, né sua vera natura, né vero Sè.
2- In quest’ottica cos’è dunque la natura autentica che ad un certo punto del suo cammino di consapevolezza/sentire, un vivente sperimenta?
Non è la sua natura autentica, è la natura autentica del Reale.
L’essere della Realtà quando non è frammentata dall’identificazione e dalla interpretazione soggettiva: il ciò che è, la Realtà.
La pratica della meditazione, fino ad un certo punto del cammino interiore, non è altro che processo di stabilizzazione psichica, strumento di consapevolezza, accessorio nella conoscenza di sé, finestra sull’Essere.
Oltre un certo punto, quando nel sentire si sono depositate le comprensioni necessarie, la meditazione diviene primariamente esperienza e testimonianza dell’Essere, del non condizionato, del non personale.
Lo stato di Essere non è personale, è oltre il personale, è condizione unitaria.
Qui ci sarebbe molto da discutere, perché la condizione unitaria sperimentabile dall’umano non è la stessa condizione unitaria dell’Assoluto e quindi dovremmo affermare che c’è condizione unitaria e condizione unitaria, introducendo un apparente paradosso.
La spiegazione, molto semplice, è che oltre la mente, nella dimensione della coscienza e del sentire, la realtà non è più duale, ma viene percepita come unitaria: quella percezione ha però diversi gradi di ampiezza, a seconda di quanto il sentire è ampio ed evoluto.
Ovvero, detto in altri termini, a seconda di quanto la consapevolezza del sentire conseguito autolimita l’esperienza dell’Essere che in sé non ha limitazione alcuna.
Vivere ci conduce dal percepirci persona, al dimenticarci di noi: da ego ad amore. Il solo fatto di vivere produce questo, anche nel più asino di noi.
La meditazione è pratica interna al vivere, aspetto di esso, che l’umano, nel suo limite, utilizza come disposizione interiore per spostare la consapevolezza dal divenire all’Essere.
In quel passaggio, lo switch, quando il sentire è pronto, è commutazione dall’esserci allo scomparire: dall’io, all’Essere.
Non da me, alla mia natura autentica: da me, alla scomparsa di me.


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1 commento su “La meditazione e lo scomparire”

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