Natura delle relazioni

Il lettore A e il lettore B leggono lo stesso libro*; prima questione: siamo certi che leggano le stesse pagine?
Seconda questione: se ciascun capitolo, e a volte ciascun paragrafo del libro, contempla non solo lo sviluppo della storia principale, ma anche un certo numero di varianti di quella storia, quali varianti starà leggendo il lettore A e quali il lettore B?
Se il libro è la narrazione della loro relazione, quando i due sono veramente ed effettivamente in relazione?
Solo quando leggono la stessa pagina e la stessa variante di paragrafo, o di capitolo. Altrimenti i due sono in relazione ma, fondamentalmente, ciascuno vive per conto proprio e l’altro è nella scena della propria vita solo ad uso e consumo degli apprendimenti necessari.
I due sono in relazione effettiva solo nella condivisione del sentire: è il sentire che stabilisce l’effettiva presenza di contatto e comunione, che supera la semplice rappresentazione di due che vivono assieme e condividono scene e niente altro, per affermare la comunione realizzata.
Noi crediamo che la relazione sia comunicare, provare affetto, fare le cose assieme: in realtà questo è semplicemente il condividere il libro, nulla ci dice se stiamo leggendo le stesse pagine.
Noi siamo lì, l’altro è lì, attori sui rispettivi palcoscenici che diventano unitari solo quando il sentire dell’uno si fonde col sentire dell’altro.
Una scena non è condivisa quando è percepita da entrambi, ma quando è sentita da entrambi.
E come facciamo a sapere se l’altro sente la stessa scena che sentiamo noi? Non abbiamo mai la certezza che l’altro lo stia facendo.
E cosa significa sentire una scena? Sentire una scena vuol dire crearla: ogni rappresentazione che avviene nel tempo e nello spazio può accadere perché è sentita dalla coscienza la quale crea la realtà sentendola.
Sentire una scena vuol dire sentire il portato esistenziale che quella scena va a dispiegare.
I due sono sintonizzati sullo stesso portato esistenziale? Stanno affrontando le stesse comprensioni, di medesima ampiezza seppur di natura diversa, o sono impegnati in comprensioni di natura e ampiezza differenti?
Difficile sapere e discernere simili questioni; certo, osservando i loro cammini esistenziali si può cercare di orientarsi e di comprendere se, alla fine, stanno lavorando su comprensioni relative ad un sentire prossimo, o su altre di sentire differenti e magari lontani.
Marco dice: Hai sempre detto che la realtà parla innanzitutto di noi, ma che ci dice anche qualcosa dell’altro. Mi chiedo, però: se l’altro è solo una comparsa nel mio film e la realtà è solo soggettiva, di chi stiamo parlando? Quali conoscenze posso acquisire dell’altro, se questo è solo un ologramma? In definitiva, l’altro esiste?
Tutti siamo ologrammi Marco, proiettati dai nostri sentire: l’altro è lì con le proprie meccaniche, le proprie caratteristiche, le proprie sembianze.
Ciò che lo rende davvero lì, non è il fatto che lo percepisco, ma il fatto che sento con lui.
L’altro è sul mio palcoscenico e io sto leggendo quel paragrafo in cui lui si relaziona in un certo modo con me e da quella relazione apprendo qualcosa.
Ciò non toglie che l’altro, nel racconto, non abbia caratteristiche che veramente gli appartengono: ma ciò che nell’essenza lo fa essere lì non è tutto questo, è il fatto che senta esistenzialmente ciò che io sto sentendo.

*Prendo lo spunto da un esempio del Cerchio Firenze 77.


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2 commenti su “Natura delle relazioni”

  1. “I due sono in relazione effettiva solo nella condivisione del sentire: è il sentire che stabilisce l’effettiva presenza di contatto e comunione,”. Grazie

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  2. Quindi l’incontro vero è solo sul piano del sentire, questo è chiaro, ma Robi ti chiedo: “nel quotidiano quali piccoli segni, se ci sono, possono farci intuire che siamo proprio su questo piano, anche se solo per pochi istanti?”. Ricordo che leggendo i libri del Cerchio Ifior trovai delle parole molto belle e poetiche in cui si descrivevano dei momenti caratterizzati dal sentire: la sensazione di comunione con la natura, un bel tramonto in cui ci sentiamo immersi, la sensazione di fiducia, la spinta gratuita verso l’altro… si può aggiungere qualcosa?

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